Cosa è un lampo? Che differenza c'è con un tuono? Diciamo subito che essi sono rispettivamente l’effetto visivo e sonoro dello stesso fenomeno meteorologico: il fulmine.
I fulmini più facilmente osservabili sono quelli fra una nuvola e il suolo, soprattutto di notte, quando l’oscurità del cielo viene abbagliata da una luce viva, più forte e splendente di quella che potremmo riuscire a produrre noi esseri umani con migliaia di riflettori. Tuttavia l’origine del fenomeno non è ancora del tutto chiara.

Condizione essenziale per la formazione dei fulmini è la presenza di un particolare tipo di nube: il cumulonembo, all’interno del quale si generano forti correnti ascendenti e discendenti, nonchè numerose particelle di ghiaccio.
Sono proprio queste particelle di ghiaccio, all’interno della nuvola, ad essere ritenute l’elemento scatenante dello sviluppo dei fulmini, in quanto possono provocare la separazione forzata delle particelle con cariche positive e negative, contribuendo così all’innesco della scarica elettrica.

Gli ioni positivi e gli elettroni negativi si attraggono fortemente, ma sono separati da uno strato di aria (che è isolante), per cui si accumulano rispettivamente sulla terra e nella nube, aumentando la loro forza attrattiva, pur restando separati. Quando le cariche diventano troppo numerose, gli elettroni cominciano a formare dei piccoli camminamenti fino a raggiungere gli ioni positivi, in questo modo ioni positivi ed elettroni si neutralizzano, rilasciando una certa quantità di energia che si trasforma subito in calore e rende conduttrice tutta la striscia carica di elettroni tra il suolo e la nube. Ne consegue che la sottile striscia di aria, molto ramificata, in cui si muovono e si neutralizzano gli atomi, si trasforma in “plasma”, ovvero raggiunge temperature dell’ordine di milioni di gradi. Questo stato di plasma non è stabile e dura solo qualche millesimo di secondo, tuttavia in questo tempo estremamente breve, le particelle emettono una luce fortissima che è quella che noi vediamo e chiamiamo “lampo”.

Sappiamo inoltre che l’aria, per un principio fisico, quando viene riscaldata, si espande. Ne segue che, durante la scarica, la striscia d’aria si gonfia enormemente, generando un’onda d’urto negli strati d’aria vicini. Subito dopo (in meno di un millesimo di secondo) la situazione si normalizza, per cui l’aria non è più ionizzata e la temperatura scende ai valori che aveva prima del passaggio della scarica elettrica, per cui avviene una seconda onda d’urto dovuta al fatto che la striscia d’aria si “sgonfia”. Questa doppia onda d’urto è simile ad un battito su un tamburo, cioè emette un suono molto forte e frastagliato: è quello che noi chiamiamo “tuono”.






















La teoria della relatività ristretta, o speciale, fu formulata da Einstein attorno al 1905, nel tentativo di spiegare le contraddizioni insite nella fisica classica, e si applica ai sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme. In seguito venne estesa, attraverso la teoria della relatività generale, ai sistemi in moto qualunque. La teoria della relatività ristretta tratta quindi i fenomeni che avvengono in sistemi di riferimento inerziali, cioè in stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.

Questa teoria si basa essenzialmente su due postulati fondamentali :
  1. Il primo postulato, o principio di relatività, stabilisce che le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali e rappresenta sostanzialmente un'estensione a tutte le leggi della natura del principio di relatività di Galileo (che riconosceva che solo le leggi della meccanica dovessero valere per tutti i sistemi di riferimento inerziali). Questo significa che i risultati di qualunque esperimento devono essere gli stessi per qualunque sistema di riferimento che si muova di moto rettilineo uniforme
  2. Il secondo postulato, noto come principio di costanza della velocità della luce, afferma che la luce si propaga nel vuoto con una velocità finita, pari a:

Indipendentemente dalla velocità della sorgente che l'ha emessa. Questa secondo asserzione appare in contraddizione con l'esperienza quotidiana, essa infatti implica che un oggetto che si muove verso un osservatore abbia una velocità maggiore se contemporaneamente l'osservatore si muove in direzione dell'oggetto,secondo una regola intuitiva delle composizioni delle velocità, ovvero che la velocità di un oggetto dipenda effettivamente dal sistema di riferimento. Questo non vale per la luce.

I due postulati di Einstein, che non possono essere dimostrati, ma hanno ricevuto conferme da molti dati sperimentali, hanno mutato profondamente le nozioni di spazio e di tempo, che non possono essere più considerati assoluti. Una delle maggiori conseguenze della teoria della relatività è che due eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento possono non esserlo in un altro.

Per esempio se noi ci mettiamo a una distanza uguale da due flash e li attiviamo contemporaneamente, ci sembrerà appunto che i due eventi siano simultanei. Se però poniamo un altro osservatore a una distanza tale che esso sia più vicino ad un flash che all'altro, quest'ultimo arriverà a lui dopo il primo, quindi i due eventi non verranno percepiti contemporanei. 
Altre sorprendenti conseguenze sono date dal fatto che, a velocità relativistiche, cioè paragonabili a quelle della luce, si riscontrano una dilatazione dei tempi, una contrazione delle lunghezze e un aumento della massa degli oggetti.
Questo per esempio comporta che se noi ci muovessimo costantemente ad una velocità vicina a quella della luce, il tempo scorrerebbe più lentamente e noi invecchieremmo più lentamente .

Ma la famosa formula che si vede sempre quando parliamo di Einstein ?



Quando si applica una forza a un oggetto, questo aumenta la sua velocità. Quando la velocità del corpo si avvicina a quella della luce, non può più aumentare, perché non può superare il valore c . Questo significa che il lavoro compiuto sul corpo va ad aumentare la sua massa, mentre normalmente il lavoro compiuto su un corpo aumenta la sua energia. Massa ed energia, secondo la teoria della relatività ristretta, sono grandezze intercambiabili, cioè la massa è una forma di energia. La relazione che lega la massa di un corpo alla sua energia, nota come equazione di Einstein, o relazione di equivalenza massa-energia, è data da:



Questa relazione, che rappresenta il cuore della teoria della relatività di Einstein, ha avuto nella fisica nucleare e nella fisica delle particelle numerosissime conferme e ha portato all'idea fondamentale secondo cui, se la massa è una forma di energia, allora può essere convertita in altre forme di energia, cosa che infatti avviene nei decadimenti delle particelle e, in particolare, nei processi di fissione e di fusione nucleare .
















Le aurore polari (boreali se si verificano nei pressi del Polo Nord, australi se si verificano nei pressi del Polo Sud) sono fenomeni luminosi formati da larghe bande colorate di rosso, azzurro o verde. A causare tali spettacoli è l'energia del vento solare che interagisce con l'atmosfera della Terra

La corona, la parte più esterna dell’atmosfera solare, si espande e investe con una corrente continua lo spazio interplanetario. Questa corrente è il vento solare ed è composto da protoni ed elettroni con tracce di nuclei di elio. 
Secondo gli studi più recenti il sole, attraverso il vento, immetterebbe nello spazio una massa di un milione di tonnellate di particelle al secondo


La velocità delle particelle va da 200 a 900 chilometri al secondo. Il vento solare ha una temperatura che varia da qualche migliaio a un milione di gradi centigradi e provoca alterazioni nei campi magnetici della Terra e degli altri pianeti.
Quando le particelle elettriche del vento solare investono l'alta atmosfera della Terra, eccitano gli atomi di azoto e ossigeno presenti nell'aria, facendo passare gli elettroni su un'orbita più esterna e più energetica. Gli elettroni però tornano velocemente al loro posto e nel farlo emettono energia sotto forma di luce.
Il fatto che le aurore polari si verifichino soltanto alle alte latitudini è una conseguenza della geometria del campo magnetico terrestre. Le particelle del vento solare hanno carica elettrica e vengono attirate verso i Poli Magnetici che all'incirca corrispondono con i Poli Geografici.
Solo in caso di ondate di vento solare eccezionalmente intense si possono ammirare le aurore polari anche a latitudini più basse; come successe nel 1959, quando si verificò l'Evento di Carrington, ovvero la più grande tempesta solare mai registrata. Le aurore furono visibili anche a basse latitudini, negli Stati Uniti e in Europa (anche in Italia) e fu allora che se ne capì la causa notando che il Sole, in quei giorni, aveva macchie solari eccezionalmente grandi.









Le normali lampadine che vediamo tutti i giorni sono composte da un corpo sferoidale in vetro e una base a vite in metallo.
Ma cosa c’è all’interno del globo di vetro ? prima di tutto troviamo un filamento di un metallo, il Tungsteno, caratterizzato da una bassa resistenza elettrica. Questo è supportato a mezzo di bacchette di metallo e da un supporto in vetro, all’interno di un ambiente in cui è presente un gas inerte a bassa pressione: l’Argon o il Kripton, che servono a non far bruciare il filamento a causa delle alte temperature, poichè se ci fosse aria e quindi ossigeno al suo interno, il filo brucerebbe dopo poco consumandosi.
Il funzionamento della lampada con filamento di Tungsteno è riconducibile ad una serie di leggi della fisica tradizionale: prima fra tutte la legge di “Stefan-Boltzmann“, secondo la quale l’energia irradiata per secondo da un corpo nero è proporzionale alla temperatura espressa in Kelvin, elevata alla quarta potenza; ovvero 

= σ 

Dove E=energia irradiata, T=temperatura espressa in Kelvin e σ= costante di Stefan-Boltzmann.
Da ciò ne deriva che se noi sottoponiamo un corpo nero ad una certa temperatura questo emetterà energia e tanto più elevata sarà la temperatura a cui esso è sottoposto tanto tanto minore sarà la lunghezza d’onda a cui emetterà radiazione (legge di Wien).

Ora, il Tungsteno non è un corpo nero vero e proprio ma può essere assimilato ad esso.
Pertanto attraverso il passaggio di corrente il filamento di Tungsteno viene portato ad una temperatura di circa 2700K (il punto di fusione del Tungsteno è 3422°C, motivo per il quale è stato scelto), con conseguente emissione di energia, parte della quale, molto poca a dire il vero, nello spettro del visibile e quindi assimilabile come luce.
Ne consegue il motivo della scarsa efficienza luminosa dalla lampada tradizionale, infatti solo 5-7% dell’energia emessa dal Tungsteno ricade all’interno dello spettro del visibile (compreso tra 380 e 780 nm), circa il 93-95% viene emesso sopra i 780 nm, cioè nell’infrarosso (IR) , e quindi disperso come calore.

























A circa 18 km nell’entroterra di Varna, in Bulgaria, poco distante dalla capitale di Sofia, si trova il sito di Pobiti Kamani, una formazione rocciosa naturale davvero unica nel suo genere.
La ‘foreste di pietra’, così come viene chiamata dai locali, si compone di numerosi gruppi di insolite colonne di pietra, la maggior parte delle quali raggiunge un’altezza tra i 5 e i 7 metri, e con uno spessore che varia dai 0,3 ai 3 metri di diametro.
I curiosi pilastri di pietra coprono un’area totale di quasi 7 km², con gruppi minori di colonne un po’ più distanti dal centro. Certamente, le rocce che si trovano nel cuore della ‘foresta’ sono le più importanti, le quali da sole coprono una superficie di quasi un chilometro.
La cosa più strana è che queste colonne sono cave e il loro interno è riempito di sabbia. Inoltre, oltre alle colonne visibili sul terreno, ve ne sono alcune collocate nel suolo, le quali raggiungono una profondità pari a quella di un palazzo di tre piani.


Sin dai tempi del Primo Impero Bulgaro, la ‘foresta di pietra’ è ritenuta un luogo sacro, intriso di potenti forze soprannaturali. La disposizione delle colonne, infatti, appare tutt’altro che casuale, con alcune di esse allineate in file che fanno quasi pensare alle colonne di un tempio greco o di un’acropoli.
La forma cava di questi pilastri sembra essere così deliberata da suggerire uno scopo o un disegno di qualche tipo, tanto che i primi coloni della zona attribuirono la loro creazione a un popolo antico di uomini potenti. Chiaramente, queste idee hanno alimentato le numerose leggende che sono sorte nel tempo per spiegare l’origine di Pobiti Kamani.
Una tra le più credibili di queste leggende vuole che i pilastri di pietra siano ciò che resta del colonnato dell’antico tempio di Poseidone della scomparsa cultura di Atlantide, della quale alcune vestigia sarebbero immerse nelle acque del vicino Mar Nero.
Benchè la scienza ufficiale dica il contrario, quando si arriva sul sito si ha l’impressione di trovarsi di fronte ai resti di un antico tempio, con le colonne regolarmente distanziate e munite di supporto per fissare travi di legno trasversali.
In alcune delle rocce che delimitano l’area sembrano comparire volti apparentemente umani, tanto che gli abitanti del luogo hanno spesso dato loro dei nomi. Uno dei più famosi è ‘il soldato’ che si erge a guardia di Pobiti Kamani.





Il cuore del motore è il così detto blocco motore. Esso è un componente che riunisce in un solo elemento i cilindri e il basamento ( andate a vedere l'articolo come funziona il motore quattro tempi per capire cosa sono e a cosa servono i cilindri). 




I cilindri sono ubicati nelle rispettive camicie che sono cavità praticate nel blocco motore e al cui interno si muovono i pistoni.
La quantità di cilindri che può contenere un motore è variabile, esistono motori di uno o di vari cilindri, benché la maggioranza delle automobili utilizzano motori con blocchi di quattro, cinque, sei, otto e dodici cilindri, includendo alcuni automobili piccole che ne usano solo tre.
In base al loro numero e dimensione si stabilisce la cilindrata, che non è altro che il volume totale dei cilindri in cc ( centimetri cubi ), quindi più alto il numero di cilindri e la loro dimensione, più alta sarà la cilindrata.
Altra parte fondamentale è la testata. Essa è costituita
 da un pezzo di metallo fuso, o di alluminio in alcuni motori , va posizionata sopra al blocco del motore.


La sua funzione è sigillare la parte superiore dei cilindri per evitare perdite di compressione ed uscita inappropriata dei gas di scarico.
Nella testata sono collocate le valvole di aspirazione e di scarico, così come le candele ( anche qui rimando all'articolo linkato di sopra, nel particolare le candele servono a generare la scintilla all'interno dei cilindri per far avvenire lo scoppio). Possiede, inoltre, due condotti interni: uno connesso agli iniettori, per permettere che la miscela aria-combustibile penetri nella camera di combustione del cilindro, e l'altro connesso al condotto di scarico, per permettere che i gas prodotti per la combustione siano espulsi dal sistema. Possiede, inoltre, altri condotti che permettono la circolazione di acqua per il raffreddamento.
La testata è fermamente unita al blocco motore per mezzo di viti. 
Abbiamo poi il carter, è il componente dove si deposita l'olio lubrificante che permette di lubrificare l'albero, i pistoni, le bielle ed altri meccanismi mobili del motore.



Per il tempo di funzionamento del motore una pompa dell'olio estrae il lubrificante dal carter e l'invia ai meccanismi che richiedono lubrificazione.
Ci sono poi i filtri : il filtro olio, il filtro aria, il filtro combustibile. Essi prima non esistevano e i motori avevano vita più breve, vediamo il perchè.
Il filtro dell'aria è un elemento vitale per il buon funzionamento del motore, poiché è incaricato di trattare uno dei due componenti che entrano a fare parte dell'elemento energetico propulsore, cioè l'aria: questo elemento essenziale si mischia col combustibile e l'esplosione prodotta e controllata di questa combinazione produce l'energia necessaria per spostare il veicolo.
Per ogni litro di combustibile utilizzato, sono necessari circa 2500 litri di aria che devono attraversare l'unica strada aperta per accedere al motore, cioè, attraverso il filtro dell'aria.
La funzione dell'olio motore è quella di pulire, raffreddare, lubrificare e proteggere le superfici metalliche di un motore. Il compito del filtro dell'olio consiste, in collaborazione col rendimento degli olii lubrificanti, nell'eliminare la sporcizia dell'olio motore, garantendo la massima sicurezza e protezione.
I carburatori, le pompe di iniezione diretta e gli iniettori attuali si caratterizzano per le loro alte prestazioni. Tuttavia, per potere funzionare al meglio, il combustibile deve mantenere una certa purezza, avendo a volte particelle di sporcizia e di ossido. Il filtro del combustibile evita che le particelle inquinanti penetrino nel combustibile, e separano l'acqua per prevenire la corrosione.
Infine, se si escludono le parti elettriche e ingranaggi rimangono le pompe della benzina e dell'olio.
La pompa di benzina estrae la benzina dal serbatoio di benzina per inviarla al carburatore quando si preme l'acceleratore di un veicolo.
La pompa dell'olio invia olio lubrificante ad alta pressione ai meccanismi del motore, assicurando che tutti ricevano la lubrificazione adeguata affinché possano muoversi delicatamente.

Modificato da alegt81 - 8/8/2011, 23:21



Il motore che è presente nelle nostre automobili è generalmente il motore detto a 4 tempi

Il termine a 4 tempi deriva dal fatto che la combustione avviene per quattro passaggi successivi all'interno di cilindri presenti nel motore stesso.
Il funzionamento è uguale per tutti i cilindri che contiene il motore, ne prenderemo come riferimento uno, per vedere che cosa succede al suo interno in ognuno dei quattro tempi: Aspirazione,Compressione,Scoppio,Scarico. La figura di sotto ci aiuterà a capire meglio le fasi :



Cicli di tempi di un motore a combustione interna:
1. - Aspirazione.
2. - Compressione.
3. - Scoppio.
4. - Scarico.

Primo tempo: Aspirazione
All'inizio di questo tempo il pistone si trova nel PMS Punto Morto Superiore. In questo momento la valvola di aspirazione si trova aperta ed il pistone, nella sua corsa o movimento verso il basso continua a creare un vuoto dentro la camera di combustione man mano che raggiunge il PMI Punto Morto Inferiore, aiutato dal motorino di avviamento quando mettiamo in moto il motore, o dovuto al proprio movimento una volta che si trova già in funzionamento per inerzia. Il vuoto che crea il pistone in questo tempo, fa si che la miscela aria-combustibile che invia il carburatore al canale di aspirazione penetri nella camera di combustione del cilindro attraverso la valvola di aspirazione aperta.

Secondo tempo: Compressione
Una volta che il pistone raggiunge il PMI Punto Morto Inferiore, l'albero motore, che gira sincronicamente con l'albero e che ha mantenuto aperta fino a questo momento la valvola di aspirazione per permettere che la miscela aria-combustibile penetri nel cilindro, la chiude. In quel preciso momento il pistone comincia a salire comprimendo la miscela di aria e benzina che si trova dentro il cilindro.

Terzo tempo: Scoppio
Una volta che il cilindro raggiunge il PMS Punto Morto Superiore e la miscela aria-combustibile ha raggiunto il massimo di compressione, scocca una scintilla elettrica nell'elettrodo della candela che infiamma questa miscela. La forza dell'esplosione obbliga il pistone a scendere bruscamente e questo movimento rettilineo si trasmette per mezzo della biella all'albero a gomito, dove si trasforma in movimento rotatorio e lavoro utile, usato per far muovere l'automobile tramite un ingranaggio che muove le ruote.

Quarto tempo: Scarico
Il pistone, che si trova ora di nuovo nel PMI dopo il tempo di esplosione, comincia a salire. L'albero motore che gira sincronicamente con l'albero a gomito apre in quel momento la valvola di scarico ed i gas accumulati dentro il cilindro, prodotti per l'esplosione, sono mossi per il movimento verso l'alto del pistone, attraversano la valvola di scarico ed escono verso l'esterno tramite il tubo di scappamento (oggi giorno nelle marmitte catalitiche questi vengono filtrati e abbattuti prima di essere espulsi).

In questo modo si completano i quattro tempi del motore che continueranno ripetendosi ininterrottamente in ognuno dei cilindri, fino a quando si mantenga il funzionamento dello stesso.
Una nuvola è formata da miliardi di goccioline d’acqua, ciascuna delle quali è a sua volta formata da circa 550 milioni di molecole d’acqua
Queste goccioline sono il risultato dell’evaporazione dell’acqua da oceani, mari, corsi d’acqua dolce, vegetazione e suolo
Il vapore acqueo viene quindi portato verso l’alto da correnti ascendenti; salendo, l’aria si raffredda e raggiunge la saturazione, cioè in pratica ricondensa e forma goccioline o cristalli di ghiacciosolitamente di 0,01 mm di diametro. 
Quando si formano agglomerati di miliardi di queste goccioline, appare visibile la nuvola, di un tipico colore bianco, dovuto all'alta riflessione della luce (fra il 60% e il 85%) sulla superficie di queste goccioline.
A causa dell'elevata dispersione della luce nelle goccioline che compongono la nube, essa può apparire anche grigia o a volte blu scura quasi nera. Maggiore sarà la densità della nube e maggiore il suo spessore, più scura essa apparirà. Questo è il motivo per cui una nube temporalesca, appare molto scura alla base.

Le precipitazioni e quindi la pioggia possono avvenire però solo quando la forza peso risulterà maggiore della resistenza offerta dal moto ascendente che ha portato alla formazione della nube stessa e che tende a mantenere le goccioline in sospensione. 
Motivo per il quale se tira molto vento non può piovere. 
Occorrono comunque centinaia di milioni di goccioline di nube per formare una goccia di pioggia del diametro compreso tra 200 µm e qualche millimetro. 

Partiamo con il dire che esistono due tipi di touchscreen, cioè quello resistivo (ormai superato) e quello capacitivo.

Il touchscreen resistivo è ormai datato ma è anche il più semplice ed economico.
Lo schermo in questo caso è costituito da due strati di materiale plastico ricoperti di materiale conduttore e separati da un ulteriore strato isolante.
Quando viene esercitata una pressione sullo strato esterno si crea un contatto elettrico con lo strato sottostante che permettere, tramite 4 sensori detti bus, di tracciare le coordinate del punto di contatto, le quali vengono comunicate al dispositivo.

Vantaggi principali : la pressione può essere esercitata, oltre che con le dita, con qualsiasi oggetto come un pennino. Questo permette di lasciare lo schermo pulito e privo di impronte e sopratutto, di raggiungere un grado di precisione molto lato, essendo la punta del pennino ridotta, consentendo l'utilizzo di un interfaccia con elementi di controllo molto piccoli.
Svantaggi principali : La luminosità e la qualità delle immagini sono compromesse della presenza dei due strati plastici e con il passare del tempo la resistività e la precisione viene me. Inoltre poichè lo strato esterno deve essere flessibile, non può essere realizzato in vetro ma in materiale plastico, il che lo rende soggetto a graffi.

Il touchscreen capacitivo è il più utilizzato attualmente. Lo schermo è composto da più strati sovrapposti, ma lo strato più esterno invece di essere realizzato in materiale plastico è di vetro ed è ricoperto da un sottile strato di ossido metallico. La superficie dello schermo è attraversato da un campo elettrico uniforme che, al contatto con le dita dell'utilizzatore, subisce una variazione. Poi dei sensori posti agli angoli dello schermo individuano e misurano la caduta di tensione e rilevano le coordinate del punto di contatto comunicandole al dispositivo.

Vantaggi principali : Lo strato di vetro conferisce al display una maggiore luminosità e nitidezza e lo rende anche meno soggetto a graffi. L'esperienza d'uso è anche più piacevole poichè non è necessario esercitare una pressione sullo schermo, ma basta lo sfioramento.
Svantaggi principali : Il contatto con lo schermo deve essere effettuato con oggetti conduttivi come, ad esempio, le dita, per cui non è possibile utilizzare i pennini, ne indossare guanti durante l'utilizzo. Inoltre la precisione del tocco è limitata dalla dimensione del dito dell'utilizzatore.




Quando vediamo un oggetto il nostro occhio raccoglie la luce che parte dall'oggetto e forma quello che noi percepiamo essere l’immagine di quel determinato oggetto, un pò come se ogni cosa colpita dalla luce emanasse la sua immagine sottoforma di luce che noi percepiamo visivamente come realtà
Questo è il motivo per cui in una stanza buia noi non vediamo nulla di quello che c'è nella stanza, poichè non è colpito da luce e non riflette niente
Se noi mettiamo un ostacolo tra il nostro occhio e un oggetto che stiamo guardando, non vediamo più tale oggetto perchè la luce che proviene da esso non ci arriva. 
Uno specchio è un ostacolo sul quale la luce rimbalza, come se fosse un oggetto che colpito dalla luce non emette un immagine di se stesso, ma è solo un qualcosa su cui essa rimbalza. 
Quindi se noi ci mettiamo davanti ad uno specchio e siamo alla luce, la luce riflessa da noi stessi incontra lo specchio che la riflette verso di noi mostrandoci l'immagine di noi stessi.
Siccome l’immagine che noi abbiamo di un oggetto è dovuta alla luce raccolta dall’occhio, il nostro cervello, tramite l’occhio, percepisce un'immagine identica a quella che originariamente genera la luce, ma come se l’oggetto fosse dietro lo specchio stesso, davanti a noi, e la luce andasse dritta.

Il motivo per il quale la superficie vestrosa riflette bene, a differenza di altre superfici, è legato sia alla composizione della superficie, per esempio se è metallica o no, sia a quanto è liscia.
Capire come mai il metallo riflette quasi tutta la luce e altre sostanze no richiede la comprensione di come si propagano le onde luminose e di come risponde la materia alla luce stessa.
Per capire invece perchè la superficie deve essere liscia invece basta pensare al fatto che se tiro una palla su un muro liscio essa rimbalzerà verso di me, se il muro invece fosse irregolare e contenesse spigoli, la palla nel rimbalzo 
potrà prendere una qualsiasi direzione e al limite nemmeno arrivare di nuovo a noi. Il muro, ovvero la superficie riflettente, dovrà essere liscia per poter agire da specchio.


Se ci pensate le banane sono l'unico frutto che non ha semi, provate a pensarci e vi renderete conto che è così.
Originaria della Papua Nuova Guinea, la banana oggi viene coltivata in più di 107 differenti paesi (India in testa) con una produzione globale che supera ampiamente i 100 milioni di tonnellate all’anno.

Ma vi siete mai chiesti come mai le banane non hanno semi? E se non hanno semi, come si riproducono?

Per poter capire il mistero che si cela dietro questa falsa bacca della famiglia delle Musaceae dobbiamo introdurre il concetto di ploidia.

In genetica con il termine ploidia si indica il numero delle serie di cromosomi presenti all’interno di una cellula. 

Prendiamo come esempio l’uomo: sappiamo che ciascuna nostra cellula somatica (ovvero una qualsiasi cellula che non sia uno spermatozoo o un ovulo) ha 46 cromosomi, 23 ereditati dal padre e 23 dalla madre.
Quinidi abbiamo due serie di cromosomi omologhi e possiamo definirci organismi diploidi 2N.
I nostri gameti invece (spermatozoi e ovuli) sono aploidi (1N) in quanto hannouna sola serie di 23 cromosomi. Unendosi ad un gamete del sesso opposto formeranno una cellula somatica con 46 cromosomi.

In genere numeri pari di ploidia sono ben tollerati dagli organismi, mentre i numeri dispari sono difficilmente gestibili nella riproduzione binaria di una cellula e in questo caso di parla di aneuploidia.

Anche le banane, in quanto organismi viventi, hanno cellule contenenti cromosomi e anche in questo caso un numero pari di serie di cromosomi è ben tollerato. Una banana diploide (2N) può produrre gameti aploidi (1N), una banana tetraploide (4N) produrrà gameti diploidi (2N), e così via.

Le banane che mangiamo tutti i giorni, invece, sono triploidi (3N) in quanto derivano dall’incrocio tra una banana 4N e una 2N. Come detto sopra un numero dispari di ploidia è difficile da gestire durante la riproduzione. Per questo motivo le banane 3N non riescono a produrre gameti bilanciati e risultano sterili e prive di semi

Ma se sono sterili e senza semi, come si possono riprodurre?

Semplice, per riproduzione asessuata. Quando un banano viene abbattuto per la raccolta dei suoi frutti un suo ramo viene ripiantato e da quel ramo nascerà un nuovo banano che darà nuovi frutti.
Questo significa che le banane che mangiamo sono tutte cloni della stessa banana.
Tutte le banane che mangiamo appartengon infatti alla varietà Cavendish ed essendo prodotte senza incroci sono tutte geneticamente molto simili tra loro.





Questa è la famosa foto divertente del famoso fisico, Albert Einstein. Fu fatta nel 1951 subito dopo il banchetto del suo 72esimo compleanno quando un gruppo di fotografi e reporter gli dissero di mostrare un sorriso. 
Non volendone sapere di mostrare un altro sorriso ai rumorosi media, fece una linguaccia e subito dopo girò il volto, ma inaspettatamente, il fotografo Arthur Sasse premette il pulsante di scatto nel momento giusto e fece la fotografia più influente della sua carriera.

Albert Einstein era, tuttavia, un uomo molto ironico. Gli piacque talmente che la spedì come cartolina a tutti i suoi amici più cari. Alla fine, lui e la sua lingua divennero così famosi tanto che la fotografia è riprodotta in larga scala su differenti prodotti come poster e adesivi. 

CURIOSITA' : Questa foto venne battuta all’asta per la cifra di $72.300, facendola diventare la foto più cara che ritrae Einstein che sia mai stata venduta.


Il caffè aiuta a perdere peso, se bevuto con moderazione. Non solo ha un basso contenuto di calorie, ma è anche "un buon soppressore di appetito", come affermano recenti studi.

Una sola tazza di caffè può far aumentare il battito cardiaco, portandolo dalle normali 60/80 pulsazioni al minuto, fino a 100. 
Al contrario, il caffè contribuisce a dare "energia" ai muscoli e a ridurre la possibilità di attacchi cardiaci.
Sorseggiare caffè di prima mattina, a stomaco vuoto, può stimolare l'intestino, perché il caffè stimola e aumenta le contrazioni intestinali
Il caffè riduce l'assorbimento del ferro, dunque sarebbe da evitare dopo aver mangiato alimenti ricchi di questo minerale, come la carne rossa.
Infine, meglio evitare di bere un espresso a stomaco vuoto: la caffeina stimola produzione di acidi gastrici, irritando le pareti dello stomaco stesso e causando gonfiore addominale.
Troppo caffè aumenta il rischio di fragilità ossea e osteoporosi, perché interferisce con il processo di formazione delle ossa stesse.
La caffeina intralcia anche l'assorbimento del calcio, dunque sarebbe consigliabile non berne più di tre tazze al giorno.
Il caffè macchia i denti, ma...il tè fa anche peggio. Per arrivare ad avere denti macchiati occorre bere davvero molto caffè, fino a 5 o 6 tazze al giorno.
Un consumo moderato di caffè può contribuire ad abbassare il rischio di Alzheimer fino al 20%.
Il caffè è un diuretico, stimola i reni a secernere più fluidi, aumentando il bisogno di andare in bagno. Se consumato in quantità eccessive può portare problemi ai reni.
Bere caffè aiuta a dare una "spinta" ai muscoli e ad aumentare la loro potenza. Ricercatori hanno scoperto che anche una sola tazza di caffè aumenta di un terzo la capacità degli atleti di sostenere lo sforzo: pare che l'effetto della caffeina sui muscoli aiuti a bruciare i grassi, trasformandoli in energia.
Non bisogna dimenticare l'effetto stimolante che ha il caffè. Aumentando la pressione e il battito, ha come effetto quello di avere maggiore reattività.
Non da ultimo, il caffè ha la capacità di stimolare il rilascio dell'ormone del buon umore, la dopamina, riducendo temporaneamente il senso di fatica. 
L'altra faccia della medaglia sta nel fatto che, dopo un certo periodo e quando si assume troppa caffeina, si ottiene l'effetto di assuefazione, dunque i "benefici" scompaiono.

CURIOSITA' : Per una donna che in media pesa 50 kg, ad esempio, il limite di caffè giornaliero è di circa 97,7 bicchierini di caffèPer l'uomo che pesa in media 80 kg, invece, l'asticella si alza fino a 156,3 tazzine




Grattarsi è un comportamento misterioso: perché lo facciamo? Cosa lo provoca? E se è solo prurito, perché spesso lo si associa al linguaggio del corpo?
Sono di normale credenza associazioni del tipo :  naso = bugia, orecchio = onestà, gola = fiducia, occhio = paura.
Purtroppo non è così. Il nostro corpo ha zone sensibili, zone erogene, ma ad oggi la scienza ci dice che non esistono punti specifici che abbiano un significato emotivo preciso. Quindi è ovvio che NON si può in nessun modo capire cosa uno pensi solo dal fatto che gratti o meno un punto specifico del corpo.
Ma il prurito allora indica qualcosa?  Nel 90% dei casi significa che c’è un disagio specifico, e se questo non ha cause esterne – pizzichi di insetti, vestiti scomodi, eritemi cutanei e simili – vuol dire che il problema è di tipo psicologico.
Studi recenti ci dimostrano che grattarsi ha sempre un significato che quasi mai ha a che fare con le punture d’insetto o cose simili, sembra invece molto legato alla tensione.
C'è da dire però che il prurito al naso non è del tutto casuale. Difficile immaginare che Collodi, quando scrisse Pinocchio, avesse presente questo effetto, ma in onore della sua storia è chiamato “effetto Pinocchio“. Gli scopritori di  quest’effetto affascinante sono i dottori Hirsch e Wolf, della Fondazione Smell and Taste dell’università dell’Illinois. Ecco in cosa consiste:
Quando si è sotto tensione (ad esempio quando si deve mentire) il cuore batte più in fretta. Questo effetto rilascia nel corpo delle catecolamine, ovvero degli ormoni dello stress. In pratica accade che, sotto tensione, il nostro corpo reagisce male, e produce questi ormoni d’allarme per essere pronto all’emergenza, ad esempio fuggire da un pericolo. Ciò che a noi interessa è che queste catecolamine hanno un effetto molto potente su alcuni tessuti, come quelli del naso, che tendono a gonfiarsi. Non è un effetto che possiamo notare ad occhio nudo, certo non si parla di un risultato alla Pinocchio, ma è sufficiente a generare l’effetto che chiamiamo prurito.

Risultato finale: quando siamo sotto tensione ci grattiamo soprattutto il naso e altri tessuti “bersaglio” degli ormoni d’allarme.